IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi:
     n.  917/1985 proposto dalla Casa di riposo "Regina Margherita" di
 Sassari, in persona dell'avv. Lorenzo  Pietro  Ganadu,  Presidente  e
 legale  rappresentante  pro-tempore  rappresentato  e  difeso,  anche
 disgiuntamente dall'avv. Alessandro Bisali e dal  prof.  avv.  Franco
 Gaetano  Scoca,  presso  lo  studio  del  quale  in  Roma alla via G.
 Paisiello, 55 e' elettivamente domiciliato;
     n. 918/1985 proposto  dall'Asilo  infantile  "Pozzomaggiore",  in
 persona  del sig. Antonio Iervolino presidente, legale rappresentante
 pro-tempore rappresentato e difeso  dal  prof.  avv.  Franco  Gaetano
 Scoca presso il cui studio e' elettivamente domiciliato in Roma, alla
 via G. Paisiello, 55;
     n. 919/1985 proposto dall'Asilo infantile "S. Michele" di Thiesi,
 in  persona  del  sig. Antonio Fadda presidente legale rappresentante
 pro-tempore rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Bisali e  dal
 prof.  avv. Franco Gaetano Scoca presso lo studio del quale ultimo e'
 elettivamente domiciliato in Roma, alla via G. Paisiello 55;
     n.  922/1985 proposto dall'asilo infantile "Piu Arru" di Mara, in
 persona   della   sig.ra   Santona   Gesuino,   presidente,    legale
 rappresentante  pro-tempore,  rappresentato  e  difeso dal prof. avv.
 Franco  Gaetano  Scoca  presso  il  cui   studio   e'   elettivamente
 domiciliato in Roma, alla via G. Paisiello, 55;
     n.  923/1985 proposto dall'asilo infantile "Vergine Interrios" di
 Villanova  Monteleone,  in  persona  della  sig.ra   Giovanna   Maria
 Correddu,     presidente,    legale    rappresentante    pro-tempore,
 rappresentato e difeso dall'avv. Alessandra Bisali e dal  prof.  avv.
 Franco   Gaetano   Scoca,  presso  lo  studio  del  quale  ultimo  e'
 elettivamente domiciliato in Roma alla via G. Paisiello, 55;
     n.  870/1986  proposto  dall'Ente  rifugio  "Antonio  Catta",  in
 persona  del  suo  legale  rappresentante, rappresentato e difeso dal
 prof. avv.  Franco Gaetano Scoca, ed elettivamente domiciliato  nello
 studio di quest'ultimo, in Roma, alla via G. Paisiello, 55;
     n.  872/1986  proposto  dall'Ente  rifugio  "Gesu'  Bambino",  in
 persona del suo legale rappresentante,  rappresentato  e  difeso  dal
 prof.  avv.  Franco Gaetano Scoca, ed elettivamente domiciliato nello
 studio di quest'ultimo, in Roma, alla via G. Paisiello 55;
     n. 886/1986 proposto dalla Casa di riposo "Angelino Licheri",  in
 persona  del  suo  rappresentante,  rappresentato  e difeso dal prof.
 avv. Franco Gaetano Scoca, ed elettivamente domiciliato nello  studio
 di quest'ultimo, in Roma, alla via G. Paisiello, 55;
     n.  887/1986  proposto  dall'Asilo infantile "Giovanni Spano", in
 persona del suo legale  rappresentane,  rappresentato  e  difeso  dal
 prof.  avv.  Franco Gaetano Scoca, ed elettivamente domiciliato nello
 studio di quest'ultimo, in Roma, alla via G. Paisielio, 55;
     n. 888/1986 proposto dalla Casa "San Giuseppe", in  persona,  del
 suo  legale  rappresentante,  rappresentato  e  difeso dal prof. avv.
 Franco Gaetano Scoca, ed elettivamente domiciliato  nello  studio  di
 quest'ultimo, in Roma, alla via G. Paisiello, 55;
     n.   889/1986  proposto  dalla  Casa  di  riposo  "San  Francesco
 d'Assisi", in persona del suo legale rappresentante, rappresentato  e
 difeso   dal  prof.  avv.  Franco  Gaetano  Scoca,  ed  elettivamente
 domiciliato nello studio  di  quest'ultimo,  in  Roma,  alla  via  G.
 Paisiello, 55;
     n.  890/1986  proposto dalla Scuola materna "Cavaliere del lavoro
 don  Francesco  Guiso  Gallissi",   in   persona   del   suo   legale
 rappresentante,  rappresentato e difeso dal prof. avv. Franco Gaetano
 Scoca, ed elettivamente domiciliato nello studio di quest'ultimo,  in
 Roma, alla via G. Paisiello 55;
   Contro  la  presidenza  del  Consiglio  dei Ministri in persona del
 Ministro pro-tempore rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale,
 dello Stato per l'annullamento;
     quanto ai ricorsi nn. 917/1985, 918/1985,  919/1985,  922/1985  e
 923/1985  del  decreto del Presidente del Consiglio di Ministri del 7
 novembre 1994, pubblicato  nel  bollettino  ufficiale  della  regione
 autonoma   della   Sardegna   del   1  febbraio  1985  disponente  la
 soppressione dell'Ente ricorrente in ciascun ricorso; nonche' di ogni
 atto antecedente, susseguente e/o, comunque, connesso;
     quanto ai ricorsi nn.  870/1986,  872/1986,  886/1986,  887/1986,
 888/1986,   889/1986  e  890/1986  del  decreto  del  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri 15 ottobre  1985,  pubblicato  nel  bollettino
 ufficiale  della  regione  Sardegna  il 22 gennaio 1986, con il quale
 l'ente ricorrente e'  stato  soppresso;  nonche'  per  l'annullamento
 della  deliberazione  della  giunta  regionale  con la quale e' stata
 proposta la soppressione;
   Visti i ricorsi con i relativi allegati;
   Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Avvocatura generale
 dello Stato nei singoli ricorsi;
   Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno  delle  rispettive
 difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Udita  alla  pubblica  udienza  del 20 aprile 1994 la relazione del
 consigliere Goffredo Zaccardi e uditi, altresi', il  dott.  proc.  G.
 Gattamelata   per  i  ricorrenti  e  l'avv.  dello  Stato  Greco  per
 l'amministrazione resistente;
   Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Gli Enti ricorrenti,  I.P.A.B.  operanti  nella  regione  Sardegna,
 impugnano  i  provvedimenti  con  cui il Presidente del Consiglio dei
 Ministri ha disposto la loro  soppressione  ed  il  trasferimento  ai
 comuni di beni, attivita' e personale.
   E'  dedotta  la  violazione  dell'art.  17 del d.P.R. n. 348 del 19
 giugno 1978 (in particolare): a)  per  la  mancata  acquisizione  del
 parere  della Commissione bicamerale prevista dall'art. 17 undicesimo
 comma, e mai istituita;   b) per  la  mancata  audizione  dei  comuni
 interessati;  c)  per  l'errata  applicazione  del  terzo  comma  del
 ripetuto art. 17 -  ovvero  a  seconda  della  particolare  posizione
 dell'Ente  della  disposizione  che  ne  consentiva la esclusione dal
 trasferimento; ed, in tutti i  ricorsi  -  o  nell'atto  introduttivo
 ovvero in memoria - la questione di legittimita' costituzionale della
 disposizione suddetta per violazione degli artt. 3, 18, 33 e 38 della
 Costituzione.
   La   difesa   dello   Stato   si   e'   costituita   eccependo   la
 inammissibilita' dei ricorsi e chiedendone la reiezione  per  la  sua
 infondatezza.
                             D i r i t t o
   1  -  Deve  essere esaminata, in via pregiudiziale, la eccezione di
 illegittimita'  costituzionale  sollevata  dalla  difesa  degli  Enti
 ricorrenti  con  riguardo  all'art.  17 del d.P.R. 19 giugno 1979, n.
 348. Segnatamente  nei  ricorsi  nn.  917/1985,  918/1985,  919/1985,
 922/1985  e  923/1985  la  questione e' stata posta in memoria mentre
 negli altri ricorsi  (nn.  870/1986,  872/1986,  886/1986,  887/1986,
 888/1986,  889/1986  e  890/1986)  integra il primo motivo degli atti
 introduttivi del giudizio.
   Viene disposta la riunione di tutti i ricorsi indicati in  epigrafe
 perche'  in  tutti e' rilevante e pregiudiziale  l'accertamento della
 legittimita' costituzionale delle norme suindicate.
    In effetti il primo gruppo di ricorsi e' diretto  all'annullamento
 del  decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 novembre
 1984 in cui la  ragione  essenziale  della  soppressione  degli  Enti
 ricorrenti  e'  stata  individuata,  a  tenore  del  terzo  comma del
 ripetuto  art.    17,  nella  composizione   dell'organo   collegiale
 deliberante "in maggioranza da membri designati" da enti pubblici con
 una  interpretazione  letterale  del  citato  terzo  comma  che  puo'
 apparire rigorosa ma che e' corrispondente  alla  formulazione  della
 norma in questione.
   Il  secondo  gruppo  di  ricorsi  e'  rivolto  all'annullamento del
 decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri   15  ottobre  1985
 con  cui  e' stata disposta la soppressione degli Enti ricorrenti per
 la stessa ragione cui si e' fatto  cenno  che  e'  a  fondamento  del
 provvedimento  impugnato  con il primo gruppo di ricorsi per quel che
 concerne i ricorsi nn.  870/1986,  886/1986,  887/1986,  889/1986  ed
 890/1986.
   Per  quanto  concerne, invece, i ricorsi n. 872/1986 ed 888/1986 il
 motivo della soppressione consiste, rispettivamente, nell'utilizzo da
 parte  dell'Ente  ricorrente  di  mezzi  finanziari   prevalentemente
 pubblici, circostanza che ai sensi dell'art. 17, secondo comma, punto
 2,  lett. c) fa cadere una delle giustificazioni della esclusione del
 trasferimento ai comuni delle IPAB: il finanziamento  assicurato  con
 risorse  finanziarie  private;  e  nella negazione   del carattere di
 "istituzione  di  ispirazione  religiosa",  che  costituisce,  sempre
 secondo  l'art.  17,  secondo  comma,  punto  3)  uno  dei  motivi di
 esclusione dalla soppressione e conseguente trasferimento ai comuni.
   La questione posta e'  rilevante  ai  fini  della  statuizione  sui
 ricorsi  all'esame  del  Collegio  in  quanto,  per  la soluzione dei
 quesiti interpretativi posti con i vari motivi dei  ricorsi  (effetti
 della  mancata  audizione  della Commissione prevista dall'undicesimo
 comma dell'art.  17,  mancata  acquisizione  del  parere  dei  comuni
 destinatari  dei  trasferimenti delle IPAB, interpretazione del terzo
 comma dello stesso articolo in relazione al regime  delle  esclusioni
 pur  previsto  dalla  disposizione in esame), questo giudice dovrebbe
 necessariamente  applicare  la  norma   di   cui   si   sospetta   la
 illegittimita' costituzionale.
   2.  -  La  questione  che attiene, pacificamente, ad un atto avente
 forza di legge adottato, sia pur con procedura speciale, dallo Stato,
 non e' manifestamente infondata:
     A) un primo profilo di dubbio, che investe  la  disposizione  nel
 suo  complesso,  concerne  la possibile violazione dell'art. 4, primo
 comma, lett. h) della legge costituzionale 26  febbraio  1948,  n.  3
 recante lo statuto speciale per la Sardegna.
   Con   tale   disposizione   e'  stata  attribuita  alla  competenza
 legislativa  "concorrente"  della   regione   Sardegna   la   materia
 dell'assistenza e beneficenza pubblica.
   Nell'esercizio  di  questa  competenza, come e' noto, la regione e'
 tenuta  al  rispetto  dei  limiti  c.d.  "comuni"  alla  legislazione
 regionale   cui   e'  sottoposta  anche  la  competenza  legislativa,
 "esclusiva"  delle  regioni  a  statuto  speciale  e  delle  province
 autonome  -  ed,  inoltre,  dei "principi stabiliti dalle leggi dello
 Stato", rimanendo pero' libera di articolare, fermi i principi  della
 legislazione   statale,  la  disciplina  ritenuta  in  concreto  piu'
 aderente alle esigenze  dell'assistenza  e  beneficenza  pubblica  in
 Sardegna.
   La  regolamentazione  della  materia  intervenuta  con  il  decreto
 presidenziale 19 giugno 1979, n. 348 - segnatamente con l'art.  17  -
 preclude  scelte  autonome  in ordine alla soppressione degli Enti di
 assistenza e beneficenza pubblica da  trasferire  ai  comuni  perche'
 fissa  inderogabilmente:    a)  le  condizioni  per la esclusione del
 trasferimento (istituzioni con  strutture  associative,  promosse  ed
 amministrate  da  privati ed operanti con risorse finanziarie private
 ed istituzioni di ispirazione religiosa) e gli elementi  e  requisiti
 necessari  per  integrare  dette  condizioni;  b)  nel  dettaglio  la
 tipologia degli istituti, la loro organizzazione e l'attivita' svolta
 ai  fini  della  esclusione;  c)  la  soppressione  "in ogni caso" e,
 quindi, anche per le tipologie escluse in generale, di quelle IPAB il
 cui organo collegiale sia composto in maggioranza da membri designati
 da enti pubblici.
   L'articolazione dispositiva delle norme e' cosi'  compiuta  da  far
 dubitare  che  nel caso di specie si sia legiferato nell'ambito della
 fissazione di principi da valere per la legislazione regionale.
   Da cio' nasce il dubbio sulla legittimita' costituzionale dell'art.
 17 del d.P.R. 19 giugno 1979 n. 348 per contrasto con gli artt.   116
 e 117 della Costituzione.
     B)  peraltro,  ad  avviso  del  Collegio meritevoli di attenzione
 alcuni ulteriori dubbi di legittimita' costituzionale sollevati dalla
 difesa degli Enti ricorrenti,  che  si  riconducono  ad  affermazioni
 svolte  in  via  incidentale dalla stessa Corte costituzionale con la
 sentenza n. 173 del 1981.
   In primo luogo puo' non essere corrispondente  ad  un  criterio  di
 razionalita'  e  buon  andamento  della pubblica amministrazione (con
 violazione degli artt. 3 e 97 della  Costituzione)  una  collocazione
 tout-court  al livello comunale di tutte le IPAB infraregionali senza
 tener conto dell'ambito territoriale delle  attivita'  effettivamente
 svolte  e  delle  potenzialita' delle singole istituzioni. In secondo
 luogo e' abbastanza stridente il contrasto tra una disciplina seguita
 con estremo rigore per le IPAB infraregionali della  Sardegna  e  non
 per le analoghe istituzioni di carattere nazionale.
   Inoltre,  dopo  la  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale
 dell'art. 25 d.P.R. n. 616 del 24 luglio 1977 che ha reso  inoperante
 la  soppressione  delle  IPAB infraregionali operanti nelle regioni a
 statuto ordinario, vi e' disparita' di trattamento  e  puo'  apparire
 ingiustificato un regime speciale per le regioni a statuto speciale.
   Peraltro  queste considerazioni si saldano con quanto si e' esposto
 sinteticamente sub A)  perche'  possono  rendere  piu'  evidente,  ad
 avviso   del   Collegio,  un  atteggiamento  invasivo  dell'autonomia
 regionale da parte del legislatore nazionale.
   Non sembra, infatti, che la speciale procedura di  approvazione  di
 cui all'art. 56 dello statuto regionale della Sardegna possa in alcun
 modo  incidere  sulla  natura formale di atto legislativo dello Stato
 del d.P.R. n. 348 del 19 giugno 1979.
     C) sempre nello stesso ordine di idee appare significativa  anche
 la  mancanza  di  un  criterio  normativo che ancori la sopravvivenza
 degli enti di cui trattasi anche  all'interesse  pubblico  alla  loro
 funzionalita',  efficienza  e  capacita'  di  concorrere  a garantire
 migliori condizioni di beneficenza  ed  assistenza  pubbliche  in  un
 sistema  pluralista  in cui tutti gli operatori, istituzionali e non,
 pubblici  e  privati  concorrono,  nel  rispetto  delle   regole   di
 comportamento  previsto per ciascuno, al conseguimento dell'obiettivo
 cui e' preordinato l'art.   38 della  Costituzione:  assicurare  agli
 inabili  ed  indigenti  condizioni  accettabili  di  vita  secondo un
 principio di solidarieta' sociale che lascia ampio spazio anche  alla
 iniziativa dei singoli privati.
   Da  tale  angolazione  emerge  un  ulteriore  possibile  profilo di
 illegittimita'  costituzionale  della  norma  in  esame   che   senza
 preoccuparsi  della  possibilita'  degli  Enti  di  cui  trattasi  di
 continuare a svolgere la propria attivita' assistenziale nella  veste
 di  associazioni  private  ne  ha  tout-court  determinato,  a  certe
 condizioni, la soppressione.
   Questo orientamento deve essere valutato anche alla  stregua  delle
 affermazioni  di  cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 396
 del 7 aprile 1988 che ha  ribadito  con  chiarezza  la  liberta'  dei
 privati  di  contribuire  all'assistenza dichiarando l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 1 della legge 17 luglio 1890, n. 6972  nella
 parte  in  cui  non prevedeva che le IPAB regionali ed infraregionali
 possano continuare a sussistere asumendo la personalita' giuridica di
 diritto privato qualora abbiano tutti i requisiti di una  istituzione
 privata.
   Emerge  cosi' un possibile contrasto con gli artt. 3, 18 e 38 della
 Costituzione.
     D) in questo  contesto  prende  vigore  un  autonomo  profilo  di
 possibile  irrazionalita'  del  comma dell'art. 17 laddove si prevede
 che "sono in ogni caso soppresse" le IPAB il cui  organo  deliberante
 sia composto in maggioranza da membri desimati da enti pubblici.
   E'  noto  che  molte  fondazioni o associazioni nate spontaneamente
 dalla volonta' di soggetti  privati  hanno  avuto,  nel  tempo  prima
 dell'entrata  in  vigore della Costituzione, modifiche statutarie con
 una  sempre  crescente  presenza  di  componenti  degli   organi   di
 amministrazione  a  designazione  pubblica.  L'elemento prescelto dal
 terzo comma dell'art.  17 per negare la sopravvivenza  in  ogni  caso
 alle  IPAB  e',  per  un  verso, non necessariamente indicativo della
 natura pubblica della istituzione di beneficenza o assistenza e,  per
 un  diverso  profilo, fuorviante quando si collochi in una situazione
 in  cui  sussistono  tutte  le  altre  condizioni  per   evitare   la
 soppressione    (struttura   associativa,   risorse   private,   fini
 religiosi).
   Puo' sussistere una violazione del  principio  di  "ragionevolezza"
 della   disposizione  in  esame  con  violazione  dell'art.  3  della
 Costituzione.
   3. - Alla stregua delle considerazioni che  precedono  il  Collegio
 ritiene  non  manifestamente  infondata  la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 17 del d.P.R.  19  giugno  1979,  n.  348  e
 dispone  il  rinvio  degli atti alla Corte costituzionale per l'esame
 della stessa.
   Il giudizio sui ricorsi riuniti di  cui  in  epigrafe  e'  sospeso.
 Ogni pronuncia e' rinviata al definitivo.